<a class="shutterset_" title=" " href="http://www.asdadonna.org/wordpress/wp-content/gallery/loghi/logo_sportello visit this site.jpg” data-image-id=”50″ data-src=”http://www.asdadonna.org/wordpress/wp-content/gallery/loghi/logo_sportello.jpg” data-thumbnail=”http://www.asdadonna.org/wordpress/wp-content/gallery/loghi/thumbs/thumbs_logo_sportello.jpg” data-title=”logo_sportello” data-description=” “>Uscire dalla violenza si può ?
Dove va una donna quando decide di uscire dalla situazione di violenza che vive ?
Nella nostra esperienza di quattro anni di attività di sportello anti-violenza abbiamo incontrato 98 donne di diverse età, cultura e diverse condizioni sociali: dalla ragazza che vive segregata in casa, alla giovane donna che non sa come allontanarsi dal ricatto del suo maltrattatore, alla mamma che per proteggere i suoi figli deve lasciare la sua casa e non sa dove trovare rifugio, alla madre anziana che subisce ricatti affettivi e diventa vittima di violenze fisiche ed economiche.
Sono venute al nostro sportello per avere un consiglio su come comportarsi, nella speranza di avere qualche informazione utile sui passi da fare per uscire dalla situazione di violenza.
A volte abbiamo anche offerto il nostro sostegno aiutandole a realizzare il percorso di uscita dalla violenza. E’ stata proprio questa pratica che ci ha fatto sentire la necessità di essere collegate alle altre associazioni e alle istituzioni del territorio per costruire dei percorsi protetti.
Abbiamo creduto molto, e continuiamo a credere, nel progetto della Rete Cittadina contro la violenza sulle donne ed abbiamo dato il nostro contributo perché si realizzasse. Secondo noi i momenti di formazione fatti insieme ai soggetti che hanno aderito alla Rete Cittadina sono stati il punto più alto del progetto. La Rete Cittadina ci ha aiutate a vederci collocate in un unico contesto sociale che crede nella possibilità che donne e uomini vivano relazioni rispettose nei diversi ambiti, famigliare, sociale, lavorativo. Ci siamo impegnate a diffondere la cultura del rispetto a partire da un investimento verso le giovani generazioni e abbiamo creduto che attraverso la Rete si potessero offrire luoghi sicuri per le donne che decidono di ricostruire la loro vita.
Oggi sentiamo una distanza tra il nostro operato e quello di altri soggetti istituzionali.
Le storie delle donne che incontriamo allo sportello ci fanno interrogare sull’intervento dei diversi soggetti della Rete nel percorso che una donna può fare per uscire dalla situazione di violenza che vive.
Un caso recente è quello di una donna che chiede la separazione dal marito violento perché vuole proteggere se stessa ma soprattutto i figli piccoli che assistono alle continue violenze fisiche e psicologiche. Dopo un percorso che ha visto coinvolti il CID, i Servizi Sociali, il Commissariato di P.S. la donna si è trovata nel giro di 24 ore a dover abbandonare la casa, ad entrare in comunità con i figli senza avere alternativa. La vicenda ha avuto in seguito l’iter giudiziario e nell’arco di un mese la donna è stata chiamata dal Giudice per decidere in merito all’affidamento dei figli.
Questa esperienza, come altre di cui siamo venute a conoscenza, ci fanno riflettere sulle conseguenze che una donna subisce quando decide di denunciare la violenza che vive.
Ci siamo chieste come sia possibile che la vita della donna e dei figli venga così ribaltata mentre il maltrattatore non viene allontanato dalla casa e può continuare la sua vita ?
Le donne che si rivolgono alle istituzioni (pubblica sicurezza e servizi sociali) si trovano coinvolte in un percorso di interrogatori che non offrono alternativa:
– o denunci aumentando così il rischio per l’incolumità fisica
– oppure, nel caso siano presenti figli minori, viene fatta d’ufficio la segnalazione alla Procura e la donna si trova di fronte alla tragica scelta della separazione dai propri i figli
– oppure è costretta con i figli a lasciare la propria casa e andare a vivere in comunità.
Le donne così vengono condannate due volte.
La Rete Cittadina non funziona più come sostegno al percorso di uscita dalla violenza, ma diventa una rete che imbriglia la donna nell’apparente neutralità delle regole.
Noi pensiamo che la Rete Cittadina contro la violenza sulle donne possa continuare ad essere rete se si dà obbiettivi condivisi da raggiungere attraverso la collaborazione dei diversi soggetti.
La nostra proposta è di riprendere il confronto tra i diversi soggetti della Rete sui seguenti punti:
- La formazione di tutti gli operatori che accolgono le donne vittime di violenza
- la valutazione del rischio e l’ applicazione dei protocolli ormai diffusi come SARA , SILVIA, ISA, ALBA.
- L’ aiuto che può essere dato alle donne che si rivolgono ai servizi sociali per proteggere se stesse e i figli dalle violenze del maltrattatore
- La possibilità di riservare case comunali per le donne vittime di violenza
- La figura di un tutor che aiuti le donne a ricostruire un progetto di vita (lavoro, casa, ecc)